Alessandro D’Avenia, Ultimo Banco, Corriere.it, 12.12.21
“Da cento settimane, ogni lunedì, ci sediamo insieme all’Ultimo banco. Ne è valsa la pena? Per me sì, altrimenti mi sarei perso molte più volte di quanto mi capiti abitualmente. Il dilagare comunicativo, di cui la rete e i social sono il capolavoro, mostra un bisogno primario, iniziato con il primo vagito della nostra fragile vita che si ribella alla solitudine e alla paura: «guardami, ascoltami, tienimi presente», cioè «rendimi presente». Prima un messaggio serviva a darsi appuntamento per un incontro, adesso il messaggio è l’incontro stesso: «messaggiamo» per dire «non dimenticarmi», fosse anche solo nella speranza di veder apparire le fatidiche «spunte blu». Comunico per spezzare la solitudine, ma scrivo per il motivo contrario: difenderla e amarla.
Non scrivo, libri e articoli, per non essere dimenticato ma per non dimenticare. Comunico per esistere, scrivo per far esistere. Mando messaggi, scritti o vocali, per esorcizzare la mia morte, invece scrivo per ricordarmi della vita, per scoprire e amare l’esistenza: scrivere è per me ri-esistenza, esistenza rinnovata”.