Gloria Satta, OsservatoreRomano.va, 04.12.21
“Il tema di una paternità mancata, e inaspettatamente “trovata” in circostanze ultra-drammatiche, è al centro di un film recente, toccante e prezioso: Il bambino nascosto di Roberto Andò, tratto dall’omonimo romanzo dello stesso regista (La Nave di Teseo, 2020). Protagonista è il bravissimo Silvio Orlando (nella foto), un professore di pianoforte che vive in un quartiere malfamato di Napoli: uomo solitario, emarginato dalla famiglia d’origine, si vede la vita sconvolta quando gli piomba in casa un ragazzino che gli chiede di nasconderlo alla camorra, decisa a ucciderlo perché insieme con un coetaneo ha scippato la madre di un boss. Tra i due si stabilisce un legame profondo, al di là degli schemi e delle definizioni.
È giusto, Andò, parlare di paternità ritrovata?
Senza dubbio. Il professore e il bambino sono due “invisibili” e si consegnano uno all’altro creando una famiglia atipica ma basata sull’affetto e dotata di una straordinaria forza, di una sua legittimità”.