Alessandro D’Avenia, Corriere.it 10 giugno 2019
Quando mi riunisco con i miei colleghi per le valutazioni finali non mi sento né un controllore, né un quantificatore, né tantomeno un investigatore: sono un uomo che ha il compito di guidare la crescita di una persona in formazione, cioè una storia che avanza, più o meno pienamente, verso la maturità della natura umana nella originale modalità incarnata da quel ragazzo. A che serve che un gruppo di adulti si trovi a «dare i numeri», se quelle cifre non sono accompagnate da un giudizio su obiettivi di crescita chiari e condivisi? Può un sfilza di voti raccontare la maturazione di uno studente tra i 14 e i 19 anni?..