Rassegna stampa

Dibattito. È tempo di pensare “transdisciplinare”

― 17 Novembre 2021

Antonio Staglianò, Avvenire.it, 16.11.21

“«Ho dovuto dunque eliminare il sapere per far posto alla fede», è la famosa espressione rintracciabile nella Prefazione alla seconda edizione della Critica della ragion pura di Immanuel Kant: la metafisica si separa così dalla scienza e transita in ambito etico- religioso. Lo schema è preciso: la ragione pura si applica al mondo dei fenomeni e non li oltrepassa, perché è ‘limitata’ dallo spazio-tempo, suoi trascendentali; il ‘noumeno’, cioè la cosa in sé (oggetto della metafisica tradizionale) diventa un postulato della ragione pratica, attingibile dall’esperienza morale. Esultano i credenti tutti, per l’autonomia della fede, omaggiata dal padre dell’Illu-minismo. E però la fede di cui si tratta ha una figura diversa dalla fede cattolica. Perciò, almeno i cattolici (parliamo di filosofi e teologi), non dovrebbero esultare tanto ingenuamente. Non lo fece, infatti, uno dei più grandi intellettuali cattolici dell’Ottocento italiano, Antonio Rosmini (proclamato beato il 18 Luglio 2007), chiamato stranamente il ‘Kant italiano’ (fu il mito creato da Spaventa e Gentile). Riferendo sulla matrice luterana del progetto critico di Kant, nel Nuovo Saggio sull’origine delle Idee, Rosmini «per far posto alla fede, istituisce il carattere oggettivo e infinito del sapere della ragione », scoprendo l’innata Idea dell’essere, presente nell’intelletto umano, apertura indeterminata su tutto l’essere e, perciò, principio di intellegibilità della realtà tutta, visibile e invisibile. Insomma, sulla scia della fides quaerens intellectum di Anselmo d’Aosta, per il grande Roveretano, la fede non elimina il sapere e affatto lo limita”

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