Daniele Zappalà, Avvenire.it, 03.11.21
“A quasi mezzo secolo dalla scomparsa, qual è l’eredità d’un gigante del pensiero novecentesco come Jacques Maritain (1882-1973)? Capace subito di catturare l’attenzione del mondo accademico e intellettuale transalpino, un’opera monumentale in tre tomi fresca di stampa, intitolata Feu la modernité? Maritain et les maritainismes (Arbre bleu), si rivela estremamente preziosa per riflettere in questo senso. L’opera si deve allo storico Michel Fourcade, docente all’Università di Montpellier 3, attento tanto all’impegno politico, quanto alla portata mistica della lunga parabola del grande filosofo e della sua sposa Raissa.
Su Maritain, lei scrive che ci furono «ferite nel suo percorso, compassione nel suo sguardo, come un lamento nel suo stile»…
È stato un contemporaneo del grande sisma della modernità e della sua crisi sanguinosa, soprattutto durante le due guerre mondiali. Cercò sempre faticosamente di ‘salvare’ o di ‘riscattare il suo tempo’. L’ho seguito fino al giugno 1940, quando scrisse nel suo taccuino: «Urlate come gli abeti di Zaccaria, foreste, colline, belle piane del mio Paese… Un’Europa è morta, quella che ho conosciuto, quella che amavo. Più la vedevo malata e più l’amavo. Più gridavo che stava per morire e che Dio voleva del nuovo (mi è stato rimproverato) e più l’amavo». Su un altro piano, più propriamente metafisico, il suo tomismo «esistenziale » voleva raggiungere l’uomo in ogni sua ferita”.