C. Gioielli, Tempi.it, 02 ottobre 2019
Dopo l’inferno passato nelle scuole “bene” di New York City (competizione, elitarismo, ghettizzazione, snobismo posticcio e foraggiato da tasse insostenibili), George Packer era convinto di avere fatto finalmente la cosa giusta. Certo, l’approccio “artigianale” della scuola pubblica in cui aveva appena trasferito il figlioletto, che privilegiava il “fare” a scapito dell’istruzione classica, ortografia e far di conto, aveva suscitato in lui e sua moglie molte perplessità. Ma il mix di razze, classi, miscellanea tra classi operaie e figli di immigrati che caratterizzava la nuova scuola era convinto potesse realizzare lo scopo più nobile dell’educazione: convincere suo figlio che nessuno è migliore di qualcun altro, che siamo tutti uguali….