Alessandro D’Avenia, Ultimo banco, Corriere.it, 24.10.21
“Beyhan Mutlu, 50 anni, passa un’allegra serata di festa nella cittadina di Inegöl in Turchia, quando torna in strada è ubriaco e si dilegua nel bosco vicino. Non vedendolo tornare i familiari avvertono la polizia che comincia a cercarlo. Si uniscono diversi volontari per battere la selva dove l’uomo s’è smarrito. Dopo averlo chiamato per ore, finalmente dalle tenebre una voce: «Sono qui!». Proviene dal gruppo di cercatori. Beyhan, in preda alla sbornia, s’era arruolato tra i volontari per cercare… se stesso.
Questo recente fatto di cronaca rappresenta per me il percorso di ogni vita umana. Ci si smarrisce in una selva oscura, in preda a ciò che per Dante è un sonno, cioè la dimenticanza di sé in cui scivoliamo se, imprigionati da routine, infelicità o menzogna, viviamo «a nostra insaputa»: storditi, anestetizzati, spenti”.