Francesco Riccardi, Avvenire, 07.09.21
“Non poteva che essere così in un anno sconvolto dalla pandemia, tuttavia il nuovo aumento dei giovani neet che non lavorano né studiano è un dato che deve destare allarme. Un dramma attuale, e insieme un’ipoteca sul futuro, che necessita dell’attenzione dovuta a una vera e propria emergenza sociale, prima ancora che economica.
Il numero dei giovani inoccupati e non inseriti in percorsi di formazione è risalita infatti oltre i 2 milioni di persone in termini assoluti e al 23,3 in percentuale (+1,1% rispetto al 2019) segnala l’Istat. Quasi un quarto dei ragazzi tra i 15 e i 29 anni, cioè, è inattivo anche se all’interno di questo insieme va distinto chi non ricerca proprio né un lavoro né un’occasione formativa da coloro che invece sarebbero disponibili a lavorare o a tornare a studiare a fronte di un’offerta adeguata. La media nazionale, come sempre, copre in realtà situazioni assai diverse non solo fra le macroaree – nel Nord i neet sono il 16,8% e nel Sud il doppio (32,6%) – quanto soprattutto nei singoli territori, dove a fronte delle province più ‘virtuose’ come Pordenone (10,7%), Ferrara (11,1%) e Sondrio (11,9%) si segnalano il triste record di Crotone – in cui si sfiora la metà dei giovani (48%) – e mezza Sicilia con Catania, Messina e Caltanissetta al 40%. Certamente fra questi giovani ce ne sono molti che in realtà lavorano o ‘lavoricchiano’ in nero (in Italia si stimano 3,7 milioni di occupati irregolari di tutte le fasce d’età)”.