Alessandro Zaccuri, Avvenire.it, 11.11.21
“Dal rapporto con Nietzsche alle intuizioni sulla natura dei totalitarismi Ma il libro della sua vita fu sempre il Vangelo e Cristo è il vero protagonista della sua opera Non importa da dove si comincia, se dal massiccio scosceso dei Fratelli Karamazov o dal paesaggio in apparenza meno accidentato delle Notti bianche: con Fëdor Dostoevskij non si finisce mai. È una sensazione familiare ai suoi lettori, anche i più assidui, ai quali capita spesso di essere sorpresi da un dettaglio precedentemente trascurato. Ma anche con la critica non si scherza. Ci sono gli interpreti classici (Bachtin e Pareyson, per limitarsi a un paio di nomi) e c’è un laboratorio sempre in attività, un po’ come le case descritte da Dostoevskij, nelle quali, a qualsiasi ora del giorno e della notte, c’è sempre qualcuno che banchetta o disquisisce, che si dispera o proclama il suo amore impossibile”.