Rassegna stampa

Letteratura. Dostoevskij nei ricordi della figlia, seppellita a Bolzano

― 13 Dicembre 2021

Maurizio di Giangiacomo, laStampa.it, 10.12.21

“Come leggendo i gialli del commissario Maigret (incorruttibile e fedelissimo, tutto casa a Quai des Orfevres) nessuno immaginerebbe che a scriverli fosse un campione del mondo del peccato quale Georges Simenon, alla stessa maniera in pochi penseranno che l’autore di storie “nere” come Delitto e castigo e Memorie del sottosuolo ma anche solo de I fratelli Karamazov sia l’uomo tratteggiato da Ljubov’ Fëdorovna in Vita di Dostoevskij narrata da sua figlia. L’edizione alla quale ci riferiamo è quella tradotta dall’originale francese da Marina Mascher, pubblicata dell’Associazione Culturale Rus’ di Bolzano, della quale la Mascher è vicepresidente. In pochi sanno che l’amata figlia di Fëdor Michajlovič morì nel 1926 nel capoluogo altoatesino: molto malata, trascorse gli ultimi mesi della sua vita tra Merano e il Grieserhof di Bolzano, città nella quale è anche seppellita. La biografia di Ljubov’ Fëdorovna è permeata da una visione “ereditaria” dell’umanità. Nella prefazione all’edizione francese del 1926, lo stesso André Suarès sottolinea l’enorme importanza che la Dostoevskaja attribuisce all’ereditarietà, niente di più lontano dalle convinzioni del padre, che vedeva in ogni persona un essere speciale. “Ciò nondimeno il suo libro rimane indispensabile per chiunque voglia conoscere meglio il suo illustre padre”.

Il racconto di Ljubov’ Fëdorovna (1869-1926) parte dalla morte del padre di Dostoevskij, Michail Andreevič, avaro e severissimo, nel quale è possibile forse individuare l’ispirazione per la figura del personaggio di Fëdor Karamazov. In questo caso, a D. spetterebbe il ruolo di Alëša, che piange per la morte del genitore: Fëdor Michajlovič era infatti diviso tra amore e disprezzo per il genitore alcolizzato, dal quale temette di ereditare l’avarizia e forse, proprio per questo, finì per sperperare tutti i suoi averi. Ljubov Fëdorovna racconta come il successo del romanzo d’esordio, Povera gente, attirò a Dostoevskij l’invidia dei colleghi e addirittura l’odio di Turgenev. È proprio parlando degli amici del padre che Ljubov’ Fëdorovna svela la sua visione ereditaria dell’umanità, nella quale il padre di origine lituana, slavo-normanna, europea (e quindi di buon carattere) sarebbe stato aiutato solo da ucraini, lituani, polacchi e baltici e avversato, viceversa, dai russi”.

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