Gianfranco Dalmasso, ilSussidiario.net, 28.11.21
“Salvezza in scena? Che significa? Il termine salvezza sembra produrre oggi un effetto vicino allo stupore o all’imbarazzo. Oscilla infatti tra un senso per così dire “chiesastico” e una accezione più “laica” di auspicio benevolo, ma problematico.
Vincenzo Rizzo, studioso di Dostoevskij, ha scelto di far comparire questo termine nella copertina del suo recente libro dedicato al grande scrittore russo (Dostoevskij. La salvezza in scena, Jaca Book 2021). E chiarisce subito, dalle prime battute del suo lavoro, che salvezza per Dostoevskij ha a che fare con la “larghezza della vita”, cioè con una risorsa che è in azione nella struttura della vita. Questa risorsa ha la stessa stoffa del Mistero, che si propone al soggetto visitandolo e interpellandolo.
Il termine “Mistero” non significa soltanto ciò che sfugge ed eccede l’esperienza, ma significa piuttosto una destinazione irriducibile al potere del soggetto. Soggetto che, messo di fronte al dato costitutivo dell’impossibilità di un controllo, di un possesso del suo destino (sud’ba, p.11), cerca di elaborare delle vie di fuga. Ciò avviene, secondo la lettura di Rizzo, in varie modalità”.