Alessandro Zaccuri, Avvenire.it, 06.11.21
“Incalzato da messaggi che rettificano indirizzi e telefonate che precisano orari, l’intervistatore solleva lo sguardo perplesso verso l’intervistato: «Si rende conto – gli dice – che questa potrebbe essere la scena di un suo romanzo?». Rodrigo Fresán non si scompone, limitandosi a un laconico «Spiacente», ma si capisce che è divertito dalla situazione e forse anche un po’ lusingato. «Io non scrivo libri complicati – rivendica –. Evito di annoiarmi, semmai». Nato a Buenos Aires nel 1963, Fresán vive a Barcellona dal 1999. «Gli spagnoli mi considerano troppo argentino e gli argentini troppo spagnolo – commenta –. Finora i riconoscimenti più importanti mi sono venuti dalla Francia e dal mondo anglosassone. E questo, sinceramente, turba un po’ il mio amor proprio. Sa, non vorrei che i miei traduttori scrivessero meglio di me».
Ospite del festival veneziano Incroci di Civiltà, Fresán ama scherzare e lo fa con tutta la serietà che un bambino metterebbe nei suoi giochi. L’infanzia, i rapporti familiari, gli affetti sono i temi fondamentali della sua opera, solo in parte edita nel nostro Paese”.