Alver Metalli, ilSussidiario.net, 17.11.21
“Nel mese di novembre del 2009 moriva Alberto Methol Ferré, uruguayano, storico, filosofo e “tomista silvestre”, come diceva di sé per schernirsi della sua vorace foga di lettore. Era stato definito “un realista utopico”. C’è molto di esatto in questa definizione. Il pensatore uruguayano, forse il più insigne del secolo XXI, ha colto i dinamismi profondi nello sviluppo delle società latinoamericane indicando prospettive innovative. Le ragioni per non dimenticarlo sono molte. Vivevo ancora in Uruguay quando sopraggiunse la fine, e quella domenica andai all’ospedale di Montevideo, sua città natale, al capezzale dove si alternavano i figli e i suoi cari per l’estremo commiato.
Non ci furono parole, non potevano essercene. Ma negli anni precedenti ne scambiammo molte. Con grande pena per quel distacco Alberto lasciava una grande eredità di pensiero fatta di scritti – libri, articoli, relazioni, lettere e conferenze – in seguito censiti e ordinati dalla fondazione creata dagli amici e presieduta dal figlio Marcos. Methol Ferré lasciava ai posteri anche L’America Latina del secolo XXI, presentato a Buenos Aires nel maggio 2006 da un altro amico, l’allora cardinale Jorge Mario Bergoglio”.