Roberto I. Zanini, Avvenire.it, 28.11.21
“«Prima di ogni cosa sono esseri umani ed è solo attraverso la comune umanità che entro in dialogo con loro». Incontro con don Mesiti cappellano del carcere di Palmi dagli anni di piombo Quella volta con Piancone, Alunni e Attimonelli Inviato a Palmi Terroristi, mafiosi, stupratori o assassini, prima di tutto i detenuti sono esseri umani. «Nei giorni del rapimento Moro, in carcere a Palmi c’erano numerosi terroristi rossi. Il giorno dell’appello di Paolo VI per la liberazione di Aldo Moro in cui il Papa chiamò i terroristi ‘uomini delle Brigate Rosse’ io andai in carcere e parlando con loro sottolineai: ‘uomini, il Papa vi chiama uomini. Non brigatisti né delinquenti, né assassini, né terroristi, ma uomini’. Rimasero molto impressionati. Ma era proprio da lì che bisognava partire per attivare il dialogo: considerarli prima di ogni altra cosa degli uomini. Anche Giovanni Paolo II aveva una particolare attenzione per i detenuti e le volte che l’ho incontrato mi ha sempre raccomandato di portare ‘un saluto personale ai prigionieri’. Per me sono sempre state ‘persone carcerate’ e adesso i mafiosi li chiamo fratelli». Don Silvio Mesiti ti guarda negli occhi e ti parla senza fronzoli e senza mai staccare lo sguardo. È il parroco di San Nicola a Palmi, in provincia di Reggio Calabria, e da sempre, potremmo dire, è anche il cappellano del locale supercarcere. San Nicola è di quelle parrocchie intorno alle quali fervono attività pastorali e sociali, dagli scout all’oratorio a un centro Caritas che ogni mese fornisce il vitto a più di 100 persone e famiglie bisognose. Qui è nata l’associazione di volontariato ‘Presenza’, di cui don Mesiti è presidente”.