Bruno Desidera, Agensir.it, 22.10.21
“Nonostante nel 2012 il Governo brasiliano lo abbia proclamato “patrono dell’educazione”, e le sue opere continuino a essere tradotte e lette in tutto il mondo (“Pedagogia degli oppressi” risulta essere, secondo un’indagine del 2016, il terzo libro più citato al mondo in studi riguardanti le scienze sociali), neppure una riga è uscita dal ministero dell’Educazione di Brasilia per celebrare, lo scorso 19 settembre, il centenario della nascita di Paulo Freire. Figura iconica, emblema dell’alfabetizzazione ed educazione che diviene presa di coscienza politica, Freire – nato a Recife nel 1921, e morto nel 1997 a San Paolo del Brasile, è del resto quanto di più lontano di possa immaginare dall’orientamento di Jair Bolsonaro. Quest’ultimo, del resto, più volte ha espresso tesi nostalgiche rispetto alla dittatura militare, la stessa che negli anni sessanta mise in carcere Freire e lo costrinse all’esilio, prima in Bolivia e poi in Cile.
Tra sogno e cambiamento. “Se fosse vivo oggi – afferma Sérgio Haddad, docente di Storia e Filosofia dell’Educazione all’Università di San Paolo e uno dei maggiori conoscitori dell’opera di Freire – proverebbe certamente molta rabbia, ma non abbandonerebbe la speranza nel futuro. Quella non gli è mai mancata”.